Gentile direttore,
alla fine il Governo ce l'ha fatta, nella discussione del cosiddetto Decreto "milleproroghe" collegato alla Legge di Stabilità (la Finanziaria di un tempo), giovedì scorso, il Senato, e, mentre stiamo scrivendo, il tutto è all'esame della Camera, ha approvato un comma che decreta, se non la fine delle compensazioni nucleari, quantomeno il loro fortissimo ridimensionamento: si passerebbe, dagli attuali 0,15 € per kW/h consumato, ad un base di calcolo che prevede i kW/h prelevati dalle reti pubbliche con obbligo di connessione a terzi; una formula "bizantina" che, in ogni caso, sancisce il crollo delle entrate straordinarie per i comuni nucleari e non solo per loro. E, in tutto ciò, "poco importa" (sarà eventualmente materia per la Corte dei Conti) se quei fondi siano stati spesi correttamente per finalità ambientali, in linea con le direttive del CIPE, o se, con artefici amministrativi, siano entrati stabilmente nella parte corrente del bilancio comunale.
Si sapeva che il "soldo nucleare" che così tanto ha "incantato" gli amministratori pubblici, ma non solo questi, avendo carattere straordinario, presto o tardi, sarebbe finito, forse faremmo meglio ad abituarci a tale situazione. Ma, a prescindere dal come la si legge, questa vicenda ci insegna una cosa, che in tutta la storia nucleare italiana, come andiamo ripetendo da anni, gli unici a rispettare i patti sono sempre stati i Comuni, fidandosi di uno Stato (in senso lato, non solo Governo e Parlamento quindi, ma, a cascata, anche istituzioni, enti e gestori) che, al contrario, non ha ottemperato ad una sola, o a molto poche, delle clausole a suo tempo sottoscritte con i territori "occupati".
Fin dagli albori promesse, solo promesse, sempre disattese: lavoro, ricadute economiche ed ambientali, sicurezza, Deposito Unico per le scorie. Tutte chimere che abbiamo sempre accettato senza renderci conto che a godere del Nucleare era lo stesso (Mondo) Nucleare. La storia di Trino, in questo senso è emblematica, grandi attese e feroci delusioni: all'inizio, in fase di cantiere, ampi investimenti, lavoro (temporaneo) per tanti; poi l'avvio della Centrale, lavoro (stabile) per un numero esiguo di persone; produzione modesta rispetto alle aspettative - in 22 anni, dal 1965 al 1987, nei quali, la "E. Fermi", ha lavorato per meno della metà di essi - 26 miliardi di kW/h, una cifra altisonante, ma che ha coperto, agli standard attuali, un mese (avete capito bene: UN MESE) di consumi elettrici nazionali; poi lo stato di "custodia protettiva passiva", dal 1987 al 1999 circa, periodo nel quale non si è mossa foglia, ma, intanto, i costi esplodevano; poi l'arrivo di SoGIN, creatura statale posseduta al 100% dal ministero dell'Economia, un organismo elefantiaco, con oltre 1000 dipendenti, i cui costi non sono in linea rispetto agli obiettivi fin qui raggiunti, a tal proposito consigliamo caldamente la lettura di un recente articolo (Nucleare. la storia infinita di Sogin I reattori italiani? Sono ancora tutti lì), a firma di Stefano Agnoli, sul Corriere della Sera on-line del 6 febbraio scorso, il lettore potrà rendersi conto dei risultati ottenuti (pochi) a fronte di costi (ingentissimi) maturati da questa struttura.
Se almeno avessimo la prospettiva di un traguardo temporale finale, tutto ciò avrebbe potuto essere ancora accettabile, invece no! Se qualcuno ha notizie del Programma di fuoriuscita dal Nucleare, della pubblicazione della CNAPI e, successivamente, dell'individuazione del Deposito Unico per le scorie nucleari (solo ora registriamo un po' di attivismo declaratorio da parte del ministro Galletti e SoGIN annuncia l'ennesimo seminario tecnico sullo stesso), dicevamo se qualcuno ha notizie, per cortesia, batta un colpo. Non parliamo poi dei costi per "l'ospitalità" di cui le nostre scorie "godono" in Francia e Gran Bretagna, 50-60 milioni di €/anno, sempre secondo l'articolo citato.
Scorie che, però, prima o poi dovranno tornare in Italia: dove? In assenza del Deposito Unico, verso quegl'impianti che le hanno generate o, meglio, verso quelli che le hanno "temporaneamente" detenute prima della loro partenza? Nel frattempo ci portiamo avanti con il lavoro e stiamo attrezzando i vecchi siti alla bisogna: vedasi D2 a Saluggia e D1-D2 a Trino, non si sa mai. Ma allora, come si fa normalmente quando una delle due parti disattende le clausole di un contratto, l'altra lo impugna; in questo caso, vista l'inadempienza dello Stato (sempre in senso lato), consigliamo azioni politiche eclatanti, per esempio: il sindaco Portinaro, in maniera strumentale, si dimetta dal CdA di SoGIN, tanto, come si vede, i territori contano poco (per usare un eufemismo); Trino e Saluggia si pongano di traverso rispetto alla costruzione/collaudo dei cosiddetti "depositi temporanei"; la Regione Piemonte, nella sua funzione di Deposito Unico di fatto, qui custodiamo il 75% dell'intera "spazzatura nucleare nazionale", si affianchi ai suddetti Comuni, in qualità di consulente legale e politico, e vieti, anch'essa, l'avvio e/o la conclusione dei lavori di questi depositi e degli esperimenti (vedi WOT) sui siti nucleari piemontesi. Solo così potremo ragionare con la controparte da una posizione (politica) di forza, con un obiettivo ben preciso, l'avvio del percorso di individuazione del Deposito Unico. Fino ad allora le bocce si devono fermare, viceversa saremo responsabili/complici del permanere perpetuo delle scorie su questi territori e, soprattutto, delle conseguenze che ciò avrà per le popolazioni residenti.