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Cronaca | 15 febbraio 2022, 12:10

«Il vaccino? Un morso che non molla mai la presa, sulla mia pelle»

Dal 30 maggio del 2021, la vita di Barbara D’Ambrosio è stravolta - «Ma c’è un’altra cosa che fa male: il silenzio»

Barbara D'Ambrosio

Barbara D'Ambrosio

Il dolore è forte. È come un morso continuo che non molla la presa mai. Giorno e notte, sempre. Hai solo voglia di piangere e urlare, urlare e piangere. Solo tua figlia riesce a strapparti un sorriso, nonostante i dolori lancinanti. La vita di Barbara D’Ambrosio da alcuni mesi non è più vita. Ma partiamo da lontano, torniamo indietro nel tempo. Chi era Barbara D'Ambrosio prima di questa brutta storia? Chi era un anno fa?
«Ero piena di vita, non stavo mai ferma... »

Poi però abbassa lo sguardo e dice:
«No, la risposta giusta a questa domanda è un'altra. La risposta giusta è questa: non riesco a ricordare com'ero».

La domanda, insomma, è crudele. Un anno fa Barbara era un'altra Barbara. Stava bene, era una sportiva, sempre in movimento. Viveva (e vive) in provincia di Torino con il marito, che è originario di Vercelli, e con la figlia, una ragazzina che sta crescendo.
Il 30 maggio 2021 è una data che non dimenticherà. Barbara va a vaccinarsi. Si informa, ottiene risposte che la rassicurano: come non potrebbe, è figlia di un medico, crede nella scienza medica. Prima dose, Pzifer.
«Da quel giorno ho smesso di vivere. È cambiato tutto da quel 30 di maggio. Non riuscivo a preparare un piatto di pasta, a vedere un film. Gran parte del mio tempo l’ho trascorso tra medici, esami, pronto soccorso. L'ultima volta che ci sono andata è stato tre settimane fa, perché mi si era paralizzata la parte bassa del volto. È cambiato tutto. Anche i sogni di notte sono diversi: fa male sognare di camminare trascinandomi una gamba. Perché non è un sogno. È una cosa vera.»

Torniamo al 30 maggio, prima dose di vaccino. Cosa accadde?
«Dopo il vaccino mi si addormentò la mano, per 45 minuti. Mi tennero in osservazione, mi dissero che era normale. Il giorno dopo, però, quando mi svegliai ero gonfia dappertutto: gambe, pancia, volto. Anche le labbra. Chiamai il mio medico. Disse che non aveva mai sentito di reazioni avverse con quei sintomi...».

Barbara spera che siano effetti avversi passeggeri. Invece, il peggio doveva ancora venire.
«Dopo una quindicina di giorni ho dei capogiri e un mal di testa forte, mai provato, poi muovo le mani con difficoltà, gli oggetti mi cadono, io stessa tendo a cadere quando cammino, così vado al pronto soccorso. Mi fanno degli esami del sangue, ma sembra tutto a posto, un medico mi dice: “Il vaccino non provoca trombi”, e così mi rimandano a casa dicendo che è un problema legato alla suggestione... Un modo elegante… diciamo così, per dire che sto inventando tutto, che sono pazza».

Due mesi dopo i dolori aumentano. Barbara prova dolore ai gomiti e alle mani, non riesce a chiuderle a pugno. Si rivolge così a un reumatologo.
«Quando la visita terminò uscii e piansi. Quel medico, infatti, mi consigliò di fare la seconda dose, previo cura cortisonica. Pensai: perché non pensa in primo luogo a curarmi? Perché questa insistenza sul vaccino? Poi c'è una cosa che non capisco. Da anni, io sono allergica a un farmaco. I medici sanno che scatena effetti collaterali e non me lo prescrivono più. Perché non si comportano così anche con il vaccino?».

Torniamo al calvario di Barbara. Vaccino a fine maggio. Poi gonfiori. Dolori agli arti, capogiri, forti mal di testa, perdita di sensibilità alle mani. Arriva settembre. E il quadro peggiora.
«Succede che mi sento bruciare dalla vagina fino alla gola, tant'è che non riesco né a respirare né a deglutire. Stare male al punto di urlare è terribile due volte. È terribile il dolore, lancinante, ed è terribile incontrare lo sguardo di tua figlia. Una bimba adolescente non dovrebbe vivere sentendo le urla della propria madre. Per la seconda volta mi ritrovo al pronto soccorso, sempre più disperata. Ricordo che mi rivolsi a un'infermiera dicendole: “La supplico, non voglio morire, a casa ho una bambina che mi aspetta”. Il giorno dopo, oltre ai bruciori che mi fanno urlare e non mi danno respiro, succede che non riesco più a muovere la gambe. Inizia una corsa disperata verso specialisti vari, faccio tutti gli esami possibili e immaginabili: risonanza, elettromiografia, altri esami del sangue. Riabilitazione agli arti. Io sto sempre peggio e vivo con la paura di morire da un momento all'altro, ma gli esami sono tutti a posto.»

Una riflessione amara di Barbara, ora, su chi lamenta effetti avversi.
«Quando ne soffri, visti i tempi della sanità ci si può rivolgere ai privati, certo. Ma non tutti possono permettersi 400 euro per una risonanza come ho fatto io».

A novembre cambia qualcosa, giusto?
«A novembre vado da uno specialista, a Milano. Mi fa una biopsia e la diagnosi è impietosa: neuropatia delle piccole fibre. Insomma, il vaccino mi ha bruciato i nervi».

E adesso?
«Tiro avanti con tutta la forza che ho. Assumo farmaci.Continuo a sentirmi, ed è così da settembre, le gambe come sbranate e ho forti dolori alla parte alta del corpo. Oramai è così da quel 30 di maggio, e io non ricordo più cosa voglia dire stare bene. Ora, comunque, grazie a Dio sto in piedi. Mi sento meglio. Con dolori, ma sto in piedi. Per lavorare invece, preferisco stare sdraiata. Ma c'è un'altra cosa che fa tanto male, ci tengo a dirla...».

Prego Barbara.
«Fa tanto male il silenzio di medici e di tanti altri che non vogliono sentir parlare di correlazione con il vaccino.»

Qualcosa di positivo a raccontare di questi otto mesi e mezzo?
«La mia famiglia, che mi è stata vicina (e non sempre avviene a chi è colpito da affetti avversi). E poi mi si è aperto un mondo il giorno in cui ho conosciuto la presidentessa dell'associazione Ascoltami, Federica Angelini. Quando ho letto che anche lei provava i miei stessi dolori, e cioè si sentiva bruciare, ho pensato: quindi non sono pazza. E l'ho contattata.»

Cosa si prefigge l'associazione Ascoltami?
«Mio padre era un medico. La sera, spesso, invece di andare a letto studiava e faceva le ore piccole. Perché stai su papà?, domandavo. E lui: Perché un medico deve sempre studiare. Ecco, l'associazione vorrebbe che chi ha subito un effetto avverso non venga lasciato solo, come succede ora. E che, quindi, si faccia della ricerca sulle malattie conseguenti alla vaccinazione. Che si studi, come faceva mio padre».

C'è solo buio nel futuro di Barbara D'Ambrosio?
«C'è tanto buio, ma non mi perdo d'animo. Voglio che le cose cambino, voglio guarire, guarirò».

Remo Bassini

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