Continua ad innalzarsi la curva dell’epidemia di patologie asbesto correlate. In Italia, le bonifiche per rimuovere definitivamente l’amianto sono ancora in corso, pertanto, continua a salire il numero delle morti a seguito di malattie asbesto correlate. Questa volta la giustizia però ha fatto il suo decorso in favore di un ex dipendente della raffineria Kuwait di Napoli, deceduto quasi dieci anni fa a causa di un mesotelioma, meglio conosciuto come il tumore dell’amianto.
La condanna del Tribunale di Roma a carico di Kuwait
Il Tribunale di Roma ha accertato la responsabilità della Kuwait per la morte di V.T., ex dipendente della raffineria nella sede di Napoli. Il lavoratore, alle dipendenze della società condannata dal 02.10.1972 al 05.07.1994, è stato stroncato da un mesotelioma pleurico all’età di 70 anni, con decesso nel dicembre 2016. Dopo la sentenza emessa dal Tribunale di Roma, l’azienda dovrà risarcire ai familiari il danno subito dalla vittima primaria per un importo di circa 400mila euro, oltre a tutti i danni sofferti singolarmente da ciascun familiare per un importo di circa 300mila euro cadauno. Pertanto, la vedova e i tre figli riceveranno un importo complessivo pari a circa 1 milione e mezzo di euro, grazie al sinergico impegno nella tutela legale messo in atto dall’Avv. Ezio Bonanni.
Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Roma, dopo l’istruttoria, con l’escussione dei testi e la CTU tecnica e medico legale, ha confermato l’accertamento dell’INAIL sul nesso di causalità. Pertanto, attraverso la sentenza emessa ha configurato la colpa, dunque la responsabilità, e l’obbligo di risarcimento del danno a carico del datore di lavoro.
Nel corso dell’istruttoria sono emerse le specifiche responsabilità del datore di lavoro, tra cui quella di aver utilizzato senza restrizioni e cautele l’amianto nella raffineria partenopea, nonostante già all’epoca dell’attività di lavoro del V.T. erano ben noti gli effetti cancerogeni e lesivi di questo minerale. Ciò, in aggiunta alla mancata formazione e informazione in merito ai rischi correlati all’inalazione e ingestione delle polveri e fibre di amianto, ha causato al lavoratore un’esposizione diretta, indiretta e per contaminazione degli ambienti di lavoro, in assenza di alcuna misura cautelare.
Il Giudice capitolino, sulla base degli accertamenti tecnici e medico legali e delle dichiarazioni rilasciate dai testimoni escussi, ha così potuto ricostruire tutta la storia lavorativa e clinica della vittima, dalla diagnosi al decesso, inchiodando l’azienda alle precise responsabilità per violazione degli obblighi cautelari e assenza di misure di sicurezza.
I familiari, assistiti dall’Avv. Ezio Bonanni, hanno giustamente ottenuto il risarcimento per i danni subiti dal lavoratore in prima persona, oltre a quelli subiti singolarmente da ciascuno di loro, per la malattia e la morte del proprio congiunto. L’Avv. Ezio Bonanni ha così commentato la sentenza: ‘Questa pronuncia è rilevante perché conferma il rischio amianto anche nel settore petrolchimico, che ha visto una elevata incidenza epidemiologica di casi di mesotelioma, tumore del polmone, della laringe e di tutti gli altri, causati sempre dall’amianto. Questa situazione evidenzia l’urgenza di una definitiva bonifica e messa in sicurezza del SIN relativo proprio a Napoli, come già più volte richiesto dall’Osservatorio Nazionale Amianto – ONA APS”.
La contaminazione di amianto alla Kuwait di Napoli
Il lavoratore deceduto era stato assunto alle dipendenze della Kuwait, già Mobil Oil Italiana, presso la raffineria con sede in Napoli, dal 02.10.1972 e ha svolto il suo impiego fino al 05.07.1994. L’ex dipendente è stato inizialmente assunto in qualità di operaio, con mansioni di pompista della centrale termoelettrica e, successivamente, ha ottenuto la qualifica di conduttore caldaie presso la centrale termoelettrica e gli impianti di produzione. Le prove accertate in corso di causa hanno evidenziato il largo utilizzo dell’amianto che era stato fatto all’interno della raffineria partenopea, a causa delle “eccezionali” proprietà del minerale killer. Non vi è stato solo l’utilizzo di amianto, ma anche di materiali contenenti amianto, sia nella struttura, sia nell’impiantistica, con impiego anche tra i materiali di consumo (comprese le manutenzioni, tra cui quelle delle tubature e tubolature, tra cui anche quelle della centrale elettrica).
All’epoca il Sig. V.T. non era stato adeguatamente informato sui rischi dell’esposizione ad amianto, per la tutela della sua salute, ma anche quella dei suoi familiari per eventuale esposizione domestica. I sintomi del mesotelioma sono comparsi a metà del 2014 con diagnosi definitiva nell’ottobre dello stesso anno. Dopo un’apparente stabilizzazione della malattia, il decesso è sopraggiunto nel mese di dicembre del 2016, all’età di 70, ancora con almeno 15 anni di aspettativa di vita, secondo gli indici di riferimento.
L’impegno sinergico dell’ONA nella lotta alla tutela della salute pubblica
La vicenda che ha visto protagonista il Sig. V.T. è solo una delle tante storie delle vittime dell’amianto. Per colmare queste ingiustizie e fermare le possibili ulteriori esposizioni all’amianto tutt’oggi presente in Italia, l’Osservatorio Nazionale Amianto, sotto la guida del suo presidente, l’Avv. Ezio Bonanni, ha recentemente lanciato un nuovo appello al Premier Meloni per reinserire i programmi di bonifica nell’agenda di governo. Solo attraverso un’adeguata rimozione e conseguente smaltimento di queste fibre killer si potrà definitivamente voltare pagina. L’amianto, infatti, continua a miete vittime nella stessa intensità con il quale è riuscito a fare l’ uranio impoverito tra le Forze Armate. Sono molti, infatti, anche i militari che sono stati esposti a questi potenti cancerogeni. Peccato, che solo alcuni di loro, come il Col. Carlo Calcagni o l’App. Scelto Antonio Dal Cin, possono tutt’oggi raccontare la loro storia e la loro lotta contro le patologie asbesto correlate di cui sono affetti, a differenza dei molti che purtroppo hanno avuto un destino ancor più crudele. Ma l’esposizione a questi minerali killer si è riversata anche in ambiente domestico nella maggioranza dei casi, così come è accaduto per Paola Santospirito, rea di aver lavato le uniformi e le divise di suo marito, entrambi ad oggi affetti da patologie asbesto correlate.
Per questi e molti altri casi, è indispensabile l’impegno dell’ONA, che invita a una mobilitazione territoriale per rafforzare la lotta non solo contro l’amianto, ma nei confronti di tutti quei cancerogeni che possono provocare gravi patologie, se non la morte. In tal senso, l’Avv. Ezio Bonanni ha ribadito nel corso dell’ultimo convegno tenutosi a Taranto (16.11.2024) l’importanza della cooperazione in sinergia con l’Osservatorio Nazionale Amianto.
L’ONA APS è a disposizione per la tutela dei diritti di tutte le vittime e dei loro familiari attraverso un servizio di consulenza chiamando il numero verde 800 034 294.